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LE ORIGINI DI UNA FEDE

Martedì 26 maggio 1964 ore 19:45

“Toninooooo!!, vieni su che è ora di cena”,

La voce di mia madre riecheggiava in una via Roberto Malatesta dove ancora il chiasso della gente ed il fragore delle macchine era qualcosa che non ci riguardava.

Di fatto il silenzio era solo interrotto dal passaggio di qualche macchina o dell’autobus della linea “M”, e si perché quello che oggi è la linea 81 una volta si chiamava così.

Noi bambini, sudati come non mai, correvamo appresso a tutto ciò che potesse rotolare, che fosse un pallone, una bottiglia di plastica o una lattina della birra, per noi era uguale. Eravamo tutti coetanei con la passione della palla (come si chiamava a quell’età).

I calzoni corti mettevano in mostra due gambette magre con le ginocchia rivolte all’interno e conseguentemente una camminata caratterizzata dalle punte dei piedi che convergono in dentro; le classiche gambe storte insomma. Una testa piena di capelli (sigh!), tutti appiccicati in una fronte grondante di sudore, la maglietta bagnata come non mai che era un tutt’uno con la pelle.

“…è ora di cena, prima mangia poi ti faccio una doccia”.

Il sudore mi rimane addosso ma fa tanto caldo cosa vuoi che mi possa succedere, è così che la notte si trasforma in un incubo, la febbre è alta e la gola fa tanto male. Avevo appena sette anni:

”mamma non mi sento bene, posso dormire nel lettone con te ?”

Mercoledì 27 maggio 1964 ore 07:30

La febbre si è abbassata, il famoso “Piramidone” (delle supposte antipiretiche miracolose di quei tempi) aveva fatto il suo dovere. Niente scuola, oggi rimango a casa ovviamente, tra fumenti di camomilla e bicarbonato e gargarismi con l’acqua ossigenata.

“Tonino vedi di startene buono a lettone di mamma oggi, hai avuto la febbre alta ed ancora sei a letto con il mal di gola. Ha telefonato papà dall’ufficio ed ha detto che stasera c’è una partita importante in televisione e gioca una squadra italiana, sai è la squadra di cui è tifoso tuo zio Salvatore, come si chiama, quella di Milano. Se stai buono papà ti porta il televisore in camera da letto, con la prolunga d’antenna, e vi vedete la partita insieme”.

Né io né i miei amici avevamo ancora delle simpatie particolari per qualche squadra di calcio, d’altronde la televisione non è che trasmettesse partite su partite come si fa oggi. La Domenica Sportiva, che all’epoca era solo un breve notiziario, andava in onda troppo tardi per noi bambini. Il calcio giocato ci veniva raccontato dai grandi, particolarmente da mio padre, grande appassionato e giocatore di calcio. Non era tifoso di nessuna squadra, la sua adolescenza passata in un seminario, in Palestina, non gli aveva consentito di “attaccarsi” ad una squadra in particolare. Chi invece era un grande tifoso di calcio era mio zio Salvatore, il fratello di mio padre, innamorato dell’Ambrosiana Inter.

Mercoledì 27 maggio 1964 ore 20:30

Ancora non immaginavo se avessi resistito sveglio per tutti i novanta minuti, se avessi provato interesse o piuttosto avessi letto, come tutto le sere, il mio Corriere dei Piccoli. Fino a quel momento non avevo mai seguito per intero un incontro di calcio, avevo vissuto il mondiale del ‘62 in Cile ma il mio interesse, a 5 anni, era quello che poteva essere.

Mio padre mi comincia a parlare con un certo fervore di questa squadra dai colori nerazzurri, ma io la vedevo nero grigia. Mi disse che era una squadra che aveva vinto (di nuovo) il campionato italiano e che si giocava la Coppa dei Campioni con una squadra spagnola di marziani e che si chiamava Real Madrid.

“Chissà se riuscirà a vincere contro questi, c’è Di Stefano con loro, e Puskas è un mostro, segna sempre. Chissà tuo zio a questora!!”

La sigla dell’eurovisione catalizza la sua attenzione e da quel momento non fiaterà più. Mi rendo conto che l’avvenimento debba essere importante più di quanto io possa credere. Comincia il collegamento, la voce di Nicolò Carosio è roca, quasi distorta da un collegamento audio ancora tecnicamente acerbo :

“….gentili telespettatori buonasera. Qui Vienna, Vinner Stadional Prater dove Internazionale e Real Madrid stanno per giocare la finale della nona edizione della Coppa dei Campioni….”

Le immagini sono sfocate, a volte i giocatori muovendosi velocemente creano un effetto scia fastidioso, ma più di queto all’epoca non si poteva pretendere. Mazzola con gran tiro da fuori area al 43esimo del p.t. porta in vantaggio l’Inter. Sento esultare mio padre, scatta qualcosa dentro di me. Il mal di gola è un ricordo, la febbre non c’è più. Anche il mio sonno di bambino svanisce, ed al secondo gol di Milani sobbalzo dal letto:

“gooool”

al mio urlo mio padre mi guarda, ride:

“….che fai? Sei diventato interista?”

Sul 3 a 1, al terzo gol di Mazzola, squilla il telefono di casa. Mio zio dalla Sicilia esultante chiama mio padre, lo sento urlare al telefono, mi alzo afferro la cornetta e tutto di un fiato grido:

“Ziooooo!!! Sarti, Burnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Suarez, Corso”

Sciorìno la formazione dell’Inter di getto, a memoria, con una facilità imprevista.

I colori del cielo e della notte erano diventati i colori del mio cuore.

Non li lascerò mai più.

Grazie per tutto questo, INTER!!

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