DI Andrea Sbrizzi
Quando ero piccolino giocavo spesso da solo con le macchinine, i soldatini, il lego.. e le figurine.
Ora non si usa più molto. È raro vedere i bambini di oggi giocare da soli, gli stimoli che rivolgiamo a loro sono cresciuti tanto e le attività in settimana sono già molteplici anche in giovanissima età: tanto sport, inglese, uno strumento musicale, teatro, feste di compleanno a ripetizione, e via!
In uno dei miei tanti pomeriggi non impegnati, non so dire che età avrò avuto ma non più di sei-sette anni, ricordo ancora come fosse oggi il giorno in cui ho deciso che avrei tenuto l’Inter, o meglio ancora, ricordo il momento ed il perché ho iniziato ad innamorarmi.
Perché di questo si tratta.
È incredibile ma è così: a tanti anni di distanza ho chiaro esattamente che mi trovavo seduto per terra nel pianerottolo delle scale che portavano a casa mia. Se chiudo gli occhi rivivo ancora quel momento e mi rivedo, un po’ come quando ognuno saprebbe dire con esattezza la prima volta che ha visto la persona della quale poi si è innamorato, anzi, “La persona”, quella della vita.
Non appartengo ad una storia familiare dove il papà ti porta allo stadio o dove comunque in famiglia si respira calcio, ma assolutamente tutto il contrario.
Mio papà tiene, se così si può dire, anzi no, così non si può proprio dire, più che tiene, simpatizza, anzi, neanche così si può dire.. più che altro la domenica, ogni tanto ma neanche tutte, la sera a cena chiedeva: “cosa ha fatto il Torino?” (e così faceva mio nonno con la Spal..).
Ecco, questo era tutto il suo trasporto per il calcio
Mia sorella più grande, Patrizia, per imitazione paterna aveva deciso di simpatizzare Torino e mia mamma, lasciamo perdere, credo che conoscesse San Siro solo come il patrono di Pavia
Voilà, questo era il terreno fertile concimato di calcio dove sono cresciuto: asfalto
Questa premessa è per comprendere la totale assenza di incentivazione domestica verso il calcio in cui sono cresciuto e, soprattutto, verso il mondo delle squadre di serie A. Nessun giudizio in merito, ci mancherebbe. Una constatazione.
In sostanza, nessuna educazione calcistica. Ho fatto tutto da solo!
Tornando a quel pomeriggio, uscendo da scuola mi ero imbattuto nel classico “spacciatore” incaricato dalla Panini, quello che senza neanche guardarti in faccia ti piazza in mano dei pacchetti di “figu”, sperando che quella prima dose gratis ti accompagni verso una costosa dipendenza. In realtà è il suo “mandante” che lo spera, lui si augura solo che l’incubo di tutti quei bambini urlanti che lo travolgono al cancello di uscita della scuola finisca nel più breve tempo possibile.
Rientrato a casa mi passavo le figurine da una mano all’altra, in modalità “repeat”, osservandole più o meno distrattamente. Saranno state una trentina, non credo che il figu-pusher me ne avesse dati più di quattro o cinque pacchetti, forse meno. Credo fosse il classico kit “fuoriscuola”, album e pacchetti omaggio. Non ricordo con precisione l’episodio del ritiro fuori da scuola di quella prima partita (di figurine-droga, non di calcio ) ma so con certezza che poi quell’album lo completai, con l’ultima e sospirata figurina di Altobelli che mi portó a casa un ragazzo più grande di me, Luca. Sento ancora l’espressione di mia mamma: “cercano te?!!! ”
Era la prima volta che qualcuno mi citofonasse
Quel giorno dicevo, quelle figurine produssero una scintilla, che scattó per lei, per l’unica ragione per cui a mio avviso ognuno dovrebbe veramente rimanere appassionato:
LA MAGLIA ️
Rimasi su di una figurina neroazzurra dell’Inter, a fissarla, a fissarla ed a rifissarla ancora. Me lo ricordo bene,
fu ciò che accese in me la passione che da quel momento inizió a nascere e non mi lasció più, come un tatuaggio, ma nel cuore!
I colori mi hanno stregato come una pozione magica che dura tutt’oggi e non avrà mai termine. Altroché “fino alla fine”. Ma che orrore di slogan è ??
Partire dalla considerazione che ci sarà una fine, già questo la dice lunga: lo sanno già che per loro è solo questione di tempo, mentre per NOI è una ragione di ETERNITÀ
Quel nero e quell’azzurro, “Quella maglia che tu indossi, quei colori che tu hai ” L’ho scoperto solo anni dopo a cosa fanno riferimento e mi piace un sacco che il significato sia quello dell’incontro tra le tinte del cielo e della notte, due cose che già di per sè amo osservare!
Me lo ricordo lucidamente quel momento: è quel pomeriggio che ho sentito, capito e deciso che avrei voluto tenere l’Inter! Proprio TENERE, dentro di me. È lì che mi è saltata addosso questa malattia, nel senso più bello che in questa parola ci sia.
È quel giorno ed in quel momento che ho sentito la chiamata il principio di una sorta di fede che mi ha poi nel tempo trasformato in credente.. praticante
È guardando quella figurina, sono stati i colori della maglia ️
Quel preciso istante è stato l’inizio di un cammino che sto ancora percorrendo oggi. Una sensazione di appartenenza mi è entrata dentro e non mi ha lasciato più! Mai più!
Da quel momento tutto in discesa ??Macchè…CONTINUA………